Steve McQueen – l’Oscar – 12 anni schiavo

Probabilmente attirerò ire e disaccordi, nonostante questo rischio mi affido al buon vecchio diritto costituzionale che garantisce la libertà di opinione e scrivo la mia recensione su 12 anni schiavo.

Steve McQueen nel 2013 dirige il vincitore del premio Oscar 2014 per il miglior film. Ma non è tutto, perché nella notte delle stelle è proprio questo lungometraggio a fare incetta di downloadnomination: miglior attrice non protagonista a Lupita Nyong’o, premio che l’attrice keniota naturalizzata messicana, si è poi aggiudicata meritatamente; miglior sceneggiatura non originale a John Ridley, altra statuetta conquistata e con questa fanno tre; miglior regista; miglior attore protagonista; miglior attore non protagonista; miglior montaggio; miglior scenografia e migliori costumi. Insomma su 24 premi da assegnare, 12 anni schiavo ha lottato per aggiudicarsi ben 9 statuette! Dire che è stato uno spettacolo apprezzato dalla critica è un eufemismo.

La vicenda è tratta, come tutti sanno, da un’incredibile storia di vita vera, vissuta nel corso di un’epoca che fa ancora rabbrividire al solo pensiero dell’ingiustizia e malvagità che la denota. Uno scorcio di America che si vorrebbe dimenticare ma che rimane ben aggrappato alla coscienza di ciascuno, perché orrori come questo non restano ancorati alla terra in cui si sono vissuti, non si fermano al di là dell’oceano, arrivano ovunque ed è bene ricordarli, così che servano da monito per tutte le generazioni.

Nel 1853 un certo Solomon Northup pubblica un libro di memorie intitolato appunto “12 anni schiavo”. Quest’uomo, nato nel 1808, è lo sfortunato protagonista di una serie Copertina12AnniSchiavo-SafaràEditoredi situazioni che sembra impossibile poter racchiudere in una sola vita. Suo padre, uomo nero di nome Mintus Northup, era schiavo di una famiglia benestante di Rhode Island, la famiglia Northup appunto. Al tempo gli schiavi prendevano il cognome dalla famiglia che servivano. Quanto Mintus morì, Solomon venne reso un uomo libero per volontà dei suoi proprietari e poté rimanere nell’ex fattoria di suo padre, crescendo come uomo libero (continuo a ripeterlo perché è un concetto non scontato), leggendo, studiando il violino, creandosi una cultura generale che fece di lui un ottimo musicista e un uomo colto. Dopo essersi sposato nel 1829 e aver generato due figli, Solomon e la sua famiglia si trasferirono a Saratoga Srings (New York). La storia narra di un uomo che tenta in ogni modo di elevare il suo rango sociale per garantire a sé e alla sua famiglia una vita degna e adeguata. Si dà da fare prestandosi ai più svariati lavori: allevatore, commerciante, cuoco, violinista. Probabilmente è proprio questa sua necessità di affermazione che lo spingerà in una trappola che gli segnerà per sempre l’esistenza.

Il film di Steve McQueen non prende le mosse da così lontano, anzi, ci troviamo già nel 1841 quando l’ingenuo Solomon viene accalappiato con un’esca dorata e scintillante, e con la promessa di un lavoro redditizio viene portato a Washington DC. Quel lavoro come violinista per una coppia di artisti però non lo svolgerà mai perché Solomon sarà una delle innumerevoli vittime di rapimenti. Quando si risveglierà, probabilmente dopo essere stato drogato da coloro che gli avevano promesso un futuro invitante, non è più Solomon Northup uomo libero, sposato con due figlie e residente a Satatoga Springs, New York, è Platt, uno schiavo, e come tale viene portato nello stato della Louisiana per essere venduto al miglior offerente. Questa diventerà la sua terra per i successivi 12 anni, passerà di padrone in padrone, senza la possibilità di dichiarare a voce alta la verità su sé stesso, costretto a celare il fatto di saper leggere e scrivere, pena violente frustate ed altre torture disumane. Dovrà annullare la sua personalità, obbedire a testa bassa e sopravvivere,

Sto sopravvivendo, non mi farò prendere dalla disperazione. Mi manterrò in salute finché non verrà l’occasione di riprendermi la mia libertà!” (Solomon Northup)

Ci viene mostrata la natura disumana dei padroni schiavisti del sud, anche se non tutti sono uomini così spregevoli come quelli che si nascondono dietro un passo estrapolato dalle Scritture per giustificare la loro malvagità e ignoranza. In alcune frasi dette da uno di essi, il terribile Edwin Epps (interpretato da Michael Fassbender), si comprende perfettamente perché tutta questa storia fosse sbagliata e assurda:

Un uomo fa quel che più gli piace con ciò che gli appartiene“, frase che Epps rivolge allo stesso Solomon riferendosi alla schiava Patsey.

La storia tragica e incredibile di Solomon vuole che dopo tutti quegli anni di silenzio riesca finalmente a contattare la moglie e informarla della sua situazione. Nel film sarà un certo Samuel Bass (breve ma intensa apparizione di Brad Pitt, qui anche nella veste di produttore) a permettere a Solomon di contattare i suoi cari. Dalle memorie sappiamo che la moglie di Solomon, che lo aveva dato per morto, dopo aver ricevuto la notizia sconvolgente dal rapimento e schiavizzazione del marito, contatta un avvocato (Henry Northup, si proprio di quei Northup) il quale scova una legge dello stato di New York del 1840 che gli permette di recarsi subito in Louisiana e liberare immediatamente quell’uomo libero schiavizzato. Solomon Northup sarà liberato nel 1853, stesso anno di pubblicazione del libro di memorie.

US_Slave_Free_1789-1861

Raffigurazione della diffusione dello schiavismo negli Stati Uniti (1789-1861)

Solomon però non si limiterà a far pubblicare un libro per denunciare i soprusi che lui e altre migliaia di persone hanno e stavano subendo, diventerà un attivista, sostenitore dell’abolizione della schiavitùnamibia-schiavi-herero e sembra che abbia anche contribuito alla liberazione di diverse persone private della libertà. Denuncerà i suoi rapitori ma allora nello Stato di New York vigeva una legge che impediva ad un uomo di colore di testimoniare contro un uomo bianco. Queste persone rimarranno impunite.

La forza e l’intensità del tema trattato sono innegabili, il film ci mostra verosimili scorci di violenza inaudita, di indifferenza e di odio ingiustificati. Ma se mi chiedete se il film rispecchia davvero questi sentimenti, bé la mia risposta nella più totale sincerità è “non ne sono sicura”.

Forse in parte è colpa mia, ho sentito così tanto parlare, e parlar bene di questo film, ho letto recensioni e commenti, tutti lusinghieri e positivi, senza tener conto che in pratica 12 anni schiavo è stato incoronato film dell’anno passato, che mi sono fatta un’idea personale di come avrebbe dovuto essere. Alla fine, come succede quasi sempre quando ci si crea una qualche aspettativa, la realtà è risultata peggiore rispetto alla fantasia. Ma questo è solo il mio gusto, in realtà la regia è davvero di ottimo livello e la manciata di super star che fanno anche solo brevi apparizioni non gusta ad alzare l’asticella. Merita tutti i premi che gli sono stati assegnati, ma non possono non chiedermi se forse non sarebbe stato possibile rendere l’immagine più cruda, avvicinarla ancora di più alla realtà senza alcun timore…mah! Di sicuro non sarà l’ultimo film del genere e sono pure curiosa di veder rappresentata sul grande schermo il resto della vita di Solomon, la sua lotta contro la schiavitù, la sua tenacia nel far punire coloro che lo hanno privato della libertà, vedremo! Non mi resta che aspettare…

7 pensieri su “Steve McQueen – l’Oscar – 12 anni schiavo

  1. marco1946 ha detto:

    anch’io mi avvalgo del diritto di parola (art. 21 ecc ecc) per sostenere che 12 ANNO SCHIAVO non meritava l’oscar per il miglior film
    bello è bello, siamo d’accordo… ma lo trovo MELODRAMMATICO (forse era inevitabile, dato l’argomento)
    quale il migliore, secondo me?
    se proprio devo scegliere… LEI (HER); c’è il dramma… c’è l’ironia… c’è la voce di Scarlett (peccato il doppiaggio: sembra che la Ramazzotti da un momento all’altro sbotti con un Forza Lazio…)
    anche AMERICAN HUSTLE è un gran film, ma un po’ troppo dispersivo

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    • Luisa ha detto:

      Ciao marco1946, in parte sono d’accordo con te! Infatti 12 anni schiavo non mi ha “rapita” e se devo essere sincera nemmeno American Hustle…durante il film continuavo a distrarmi anche solo per cosette. Quindi si, è interessante la trama e comunque è sempre un piacere guardare Bradley Cooper, e no, secondo me non avrebbe comunque vinto l’Oscar.
      Mentre Her ha decisamente il suo perché e tra i tre probabilmente avrebbe meritato di più…se ti interessa ho scritto un post anche su questo film https://luisamaistrello.wordpress.com/2015/02/16/perplessa-per-lei/
      E grazie del commento 😉

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